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La Settimana Santa

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Non è facile descrivere a parole ciò che è la Settimana Santa per un sancataldese. Bisogna viverla e respirarne l’essenza per capire le emozioni, le impressioni, i sentimenti che essa suscita a coloro che ogni anno attendono impazientemente quei giorni. Un elaborato mosaico di riti, suoni, colori, costumi, profumi, che caratterizzano il grosso centro dell’entroterra siciliano, ma anche una mescolanza di devozione, di afflato collettivo, di espressioni autentiche di pietà popolare. Occasione di riscoperta delle origini antropologiche e di affermazione della propria identità, palesemente cristiana.

Il popolo sancataldese, intimamente coinvolto, è indotto da sempre a “rappresentare”, in forma solenne e appariscente, la sua fede cristiana attraverso manifestazioni che a volte rientrano nell’antico cerimoniale della stessa Chiesa cattolica, altre volte derivano da radicate tradizioni che il tempo ha cancellato e che la memoria popolare ha conservato trasformandole e delle quali, per questo, non sempre se ne possono individuare le origini. Forme di religiosità popolare, codificate dalla tradizione che nascono, come in gran parte dell’Italia meridionale, dalla dominazione spagnola.

Fu, infatti, soprattutto con la presenza spagnola che i riti assunsero carattere di tradizione e folclore, divenendo pretesto per allestire processioni sempre più solenni e sfarzose, in Sicilia come in Spagna. E San Cataldo, paese a grande vocazione agricola, che visse il suo maggior sviluppo in quegli anni, non potè essere da meno.

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(Testo tratto dal libro: San Cataldo. "La Città della Scinnenza e dei Sampaoloni" di Claudio Arcarese - Edizioni Paruzzo 2018)

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