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I Sanpaoloni

La ricorrenza religiosa più importante dell’anno liturgico si conclude, un po’ ovunque in Sicilia, ancora una volta, con la rappresentazione dell’incontro di Maria, stavolta libera dalle insegne del lutto, con Gesù Risorto. In realtà nei Vangeli non c’è nessun accenno a questo incontro, ma la fantasia popolare è riuscita, attraverso rituali ripetuti nel tempo, ad esternare l’umana fragilità di una madre che, dopo tanto dolore e sofferenza, vive la gioia del figlio ritrovato e risuscitato a nuova vita.

Unico nel suo genere, “‘U ‘Ncuntru di Pasqua” a San Cataldo è, a dir poco, singolare e originale. E ciò per la presenza dei Sanpaoloni (Sampauluna per i sancataldesi), giganti processionali di cartapesta, alti tre metri, raffiguranti gli undici apostoli che, con la loro imponenza, hanno, da sempre, rappresentato i primi giganti della fede cristiana. Manca, ovviamente, Giuda Iscariota che è morto impiccato (Mt. 27,5). 

La denominazione di “Sanpaoloni”, data alle statue, deriva da San Paolo e la loro statura esalta, appunto, la grandiosità spirituale e morale degli apostoli. La loro dimensione è dovuta al fatto che sono calzati dall’interno da portatori, attraverso una struttura portante in ferro, un supporto detto “siggitedda”, (che in passato era in legno), a cui sono attaccati la testa e gli arti superiori. Dei portatori sono visibili solo gli occhi, grazie ai fori che permettono loro di guardare all’esterno, e le gambe, che animano la statua. All’esterno sono rivestite con tuniche di diverso colore e mantelle riccamente adornate con merletti e pizzi che richiamano la sfarzosità spagnola e ciascuna figura porta al petto un cartiglio con il nome dell’Apostolo. Questi giganti furono realizzati, intorno alla metà dell’Ottocento, dal pittore Michele Butera (San Cataldo 1789-1865) e, probabilmente, dovevano essere dotati di un sistema di fili di ferro per far muovere alcune parti della struttura. (San Cataldo, Itinerario Storico, artistico, devozionale - Luigi Bontà, 2002) 

La manifestazione, che caratterizza la Domenica di Pasqua a San Cataldo, è ultrasecolare e le sue radici sono antichissime. Secondo gli studiosi, questo tipo di celebrazioni con giganti processionali proviene dalla regione belga delle Fiandre, dove si diffuse tra il Cinquecento e il Seicento arrivando a noi con la dominazione spagnola, nella cosiddetta “età dei viceré” (1412-1713) a cui si fanno risalire gran parte delle usanze e dei riti della Settimana Santa in Sicilia. Sicuramente un ruolo in questo senso hanno avuto i Padri Mercedari. L’Ordine di Santa Maria della Mercede venne fondato, infatti, in Spagna ed esattamente a Barcellona il 10 agosto 1218 da Pietro Nolasco e si sviluppò, soprattutto, dopo la riforma della Chiesa promossa dal Concilio di Trento, che diede nuova vitalità all’ordine. E giganti processionali di antica tradizione spagnola sono oggi ancora presenti in molte zone della Spagna e usati in occasione di varie festività, come a Tarragona per la festa di Santa Tecla, o durante la fiesta Mayor de Reus che si svolge il giorno di San Pietro a Reus. Ma li troviamo anche in Italia e, in particolare, al Sud, nei comuni di Aidone, Barrafranca, Caltagirone, Messina, Mistretta, Seminara, Palmi e altri. In passato, il cerimoniale che accompagnava le esibizioni dei Sanpaoloni era più pomposo e poter custodire uno degli undici giganti di cartapesta era un privilegio ereditario conteso da molte famiglie, che aspettavano con gioia il Sabato Santo, quando i portatori li prelevavano per radunarli in un salone lungo il corso principale da cui poi, l’indomani, sarebbero usciti in processione. La marcia dei Sanpaoloni era una continua esibizione di piroette, passi di danza, inchini ed evoluzioni che, al suono festoso della banda, annunciava nelle strade che i giorni della tristezza e del pianto erano oramai finiti. Adesso, il cerimoniale è molto più semplice, ma altrettanto solenne. Nella mattinata di domenica, gli undici giganti accompagnati dalla banda fanno la loro prima apparizione per le vie della città. Intorno alle diciotto, ha inizio la manifestazione che richiama migliaia di turisti da tutta l’isola. Nella parte alta del Corso Vittorio Emanuele, presso la piccola e antica cappella del Cristo Risorto chiamata dai sancataldesi “‘U Signuri Scitatu”, viene allestito il “sepolcro” che, per l’occasione, è simbolicamente coperto da un drappo con l’immagine dell’Angelo dell’annuncio, (“un angelo del Signore sceso dal cielo, si avvicinò, rotolò la pietra e si pose a sedere su di essa. Il suo aspetto era come folgore e il suo vestito bianco come neve”. Mt 28, 1-7) Nella parte opposta del corso, antistante la Chiesa di SS. Maria delle Grazie, sono radunati i Sanpaoloni assieme ai simulacri della Madonna e di Maria Maddalena. E’ la rievocazione del Cenacolo. Lo sparo dei mortaretti dà inizio alla sequenza cerimoniale. Condotta a spalla da giovanissimi portatori, Maria Maddalena che, secondo il Vangelo di Giovanni, sarebbe venuta per prima a conoscenza della sparizione del corpo di Cristo si avvia al Sepolcro (“Gesù le disse: «Non trattenermi, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli, e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, al Dio mio e Dio vostro. Maria Maddalena andò ad annunciare ai discepoli che aveva visto il Signore, e che egli le aveva detto queste cose”. Gv. 20,11-18). Trovandolo vuoto, depone il velo di pizzo nero che le ricopre il volto e torna festante a comunicare la notizia alla Madonna e ai Sanpaoloni. Si recherà al Sepolcro altre tre volte. Prima con Pietro e Giovanni che, benché più giovane e veloce quest’ultimo, per rispetto, farà andare avanti Pietro. Poi con la Madonna. Infine, Maria Maddalena farà il percorso assieme a Maria e ai Sanpaoloni e quando tutti arriveranno nei pressi del sepolcro verrà fatto cadere il drappo con l’immagine dell’Angelo dell’annuncio e, dalla vicina Piazza Crispi, farà la sua apparizione la statua del Cristo Risorto portato a spalla dai membri dell’Associazione Giuseppe Amico Medico. Lo scoppio dei mortaretti, il suono festoso delle campane e le solenni marce suonate dalla banda, avvolgono i presenti in un atmosfera gioiosa ed esultante. Lungo il percorso, dinanzi alla Chiesa di Maria SS. del Rosario, la processione incontrerà l’apostolo Tommaso, l’unico rimasto al Cenacolo. La sua incredulità viene resa ritardandone, di qualche minuto, l’incontro con il Cristo. Sarà l’ultimo a unirsi al festoso corteo. A questo punto, il Cristo, la Madonna, la Maddalena e i Sanpaoloni si avviano tutti insieme in processione verso la Chiesa di Maria SS. delle Grazie dove il sacerdote impartirà la benedizione ai presenti, mentre viene esplosa una batteria d’onore che diffonde in aria messaggi di carta variopinta contenenti frasi tratte dalle Sacre Scritture. 

 

Nell’ultimo trentennio, i Sanpaoloni hanno riacquistato un ruolo di primissimo piano nelle celebrazioni della Pasqua Sancataldese e nel vasto patrimonio storico e culturale della città. L’intervento dell’Associazione Giuseppe Amico Medico che li custodisce, dopo averne curato il totale restauro, li ha salvati dallo stato di abbandono e degrado in cui versavano e, oggi, sono tutelati dalla Soprintendenza ai Beni Culturali e Ambientali di Caltanissetta che, nel 1993, li ha sottoposti a vincolo, riconoscendone l’altissimo valore storico ed etno-antropologico. L’intervento dell’Associazione non si è limitato al solo restauro ma, nell’ottica di un più ampio programma di recupero e di valorizzazione, ha promosso diverse iniziative. Nell’anno 2000, la vecchia statua del Cristo Risorto, un tempo del ceto dei panettieri e ormai non più disponibile, è stata sostituita da quella attuale realizzata dall’artista Calogero Barba. Nel 2001, la statua è stata impreziosita con il vessillo crociato che tiene nella mano sinistra, realizzato, con stoffe pregiate, dalla signora Carmelina Macaluso su disegno di Claudio Arcarese e, nel 2002, con l’aureola a raggiera in argento, cesellata dall’argentiere palermitano Saverio Filizzolo. Nel 2010, grazie all’intervento del Rotary Club di San Cataldo, è stato portato avanti il progetto “I Sampaoloni: la tradizione si veste di nuovo” che ha impegnato gli studenti dell’Istituto Statale d’Arte Filippo Juvara coinvolti, sin dalla fase della progettazione, in un approfondito studio storico del costume e del passato spagnolo sotto la supervisione della professoressa Salvina Maira. L’iniziativa ha portato alla realizzazione dei nuovi e sontuosi costumi, di chiara foggia spagnola, dei Sanpaoloni. Il progetto è stato presentato alla cittadinanza il 26 marzo del 2010 presso la Chiesa di San Giuseppe con l’intervento del noto antropologo palermitano Emanuele Ignazio Buttitta. Nel 2016, con il nuovo progetto “Arte e costumi tra tradizione e innovazione”, sono stati realizzati dagli allievi del Liceo Statale d’Arte Filippo Juvara, sempre con la supervisione della professoressa Salvina Maira, i nuovi costumi della Madonna e di Maria Maddalena. Dopo l’avvicendarsi di vari costumi realizzati da devote volontarie, l’Associazione ha voluto dotare i simulacri di abiti seicenteschi ricchi di pizzi, broccati e sete dai colori tenui che, in qualche modo, richiamano alla mente le Madonne portate in processione durante fotoi riti della “Semana Santa” spagnola. Una novità questa, ma, anche, come affermato dalla prof.ssa Angela D’Anna, una ricerca antropologica delle radici spagnole della festa.

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 (Testo tratto dal libro: San Cataldo. "La Città della Scinnenza e dei Sampaoloni" di Claudio Arcarese - Edizioni Paruzzo 2018)

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